"...I've
been through the desert on a horse with no name
It
felt good to be out of the rain
In
the desert you can remember your name
Cause
there ain't no one for to give you no pain..."
America - "A horse with no name" - 1971
|
Fes: le concerie. © Elena Biondi & Luigi Tabellini |
Una cosa è viaggiare di giorno, altra è percorrere le strade di una
città marocchina nel cuore della notte. Io e Ciocio cerchiamo di far
passare le ore, in attesa del volo Royal Air Maroc che da Casablanca
porta Angela da me. Non c'è alcuna possibilità di confonderci tra la gente del posto:
i tasselloni del Cherokee scrocchiano sull'asfalto lucido della
città, mentre i semafori lampeggiano e quasi non c'è bisogno del
clacson. Ci guardano e, semplicemente, ci ignorano.
Dopo il prologo di oggi e la cena al
Palais Medina hotel, aspiriamo
soprattutto a una birra.
Come direbbero Tex Willer e Kit Carson? “Una birra ghiacciata,
di quelle che ti ristorano le budella!”… Ma qui l'alcol non è
servito in nessun locale che non sia il bar di un hotel o una
qualsiasi bettola aperto per i turisti occidentali. Chi vuole
l'alcol, dicono, se lo procura al mercato nero. Molti vanno a Ceuta o
Melilla, disposti a lunghe file e interminabili controlli (in
entrata) pur di farsi un goccetto, che la legge coranica vieta.
Dobbiamo accontentarci di una Coca Cola, anche se la scritta in arabo
sulle lattine, devo dirlo, mi ricorda sinistramente la parola “isis”:
strana nemesi per uno dei simboli per eccellenza dell'infedele e
corrotto occidente.
|
Io ci leggo Isis: voi? |
Siamo in aeroporto una mezzora prima dell'arrivo del volo: nel
frattempo so tutto del Ciocio e mi sento ormai un veterano
dell'Africa, avendo vissuto nei suoi racconti, tutte le sue avventure.
Dunque, quando al mattino presento Angela ai compagni di viaggio, a
quei "perfetti sconosciuti" con cui sono già in relazione dal rilascio
degli ormeggi dal porto di Genova, mi atteggio come se l'avessi
accolta sulla stazione orbitante, arrivata direttamente da Cape
Canaveral e avessi avuto il compito di fare rapporto su di lei al resto
dell'equipaggio.
24 aprile 2016, domenica.
Fes (
فاس):
la visita della più antica città imperiale marocchina comincia
dalle concerie e dal loro maleodorante ma variopinto spettacolo.
Immersi nelle vasche, gli operai delle antiche cooperative battono e colorano, respirando i miasmi della decomposizione e posano per noi turisti,
che vivono quell'ossimoro (d'una bellezza orripilante) cercando di fotografare tutto il
fotografabile, ma in fretta, per toglierci il prima possibile da
quella puzza (
abbiamo dimenticato di munirci di un ramoscello di
menta, come raccomanda la Lonely Planet...). Scivoliamo nei bazar ancora deserti,
dove si vendono i risultati di quel lavoro tremendo, e poi visitiamo
la Medina, nel quartiere di Fās al-Bālī, in viuzze così strette
che nemmeno due muli riescono a scambiarsi tra loro.
Perché qui, fanno tutto coi muli: anche la raccolta (differenziata)
dei rifiuti. Pazzesco.
|
Le concerie di Fes. Questa (per fortuna) è in manutenzione: zero puzza! |
|
Donkey at work (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
|
Nella Medina, il cuore della città santa di Fes: la moschea (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
Passeggiamo, mentre la guida ci ricorda che Islam è tolleranza e che, a dimostrazione di ciò, a
Fes ci sono anche un quartiere ebraico, il Mellah (
ملاح), e il "
ghetto
europeo": la storia ci dice che il
Mellah - presente in molte città marocchine - era recintato da un muro, vi si poteva accedere da una porta fortificata ed era istituito sempre nei pressi del palazzo del governatore, per consentire interventi più rapidi in caso di assalti (
al Mellah, s'intende). Quello di Fes è stato il primo tra tutti i Mellah del Marocco, e se ne trova traccia sin dal 1438. Il termine al-mellah vuol dire "terra salata".
Cercare di capire chi abbia ragione, nella storia dell'umanità, è proprio difficile: la locuzione è sicuramente offensiva, perché nella terra salata nulla cresce. E anche l'idea che fin dal 1438 ci siano stati muri per dividere due popoli, per via delle loro religioni, la dice lunga su quanto si sia evoluto il genere umano da allora.
Sì, abbiamo una stazione orbitante, siamo stati sulla Luna, andremo presto su Marte. Ma non abbiamo ancora trovato la chiave per aprire la porta più importante, quella del nostro cuore.
|
La "sky-line" di Fes (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
Non visitiamo altro: ci bastano due scatti davanti al
palazzo reale, che non è aperto al pubblico, e un giro delle mura.
Poi, pipì, caffè e sigaretta (per chi fuma), e via, verso Merzouga.
|
Questi, accanto a noi, sono Mauro e la Susi |
Ci raduniamo per uscire dalla città: ci affiancano Mauro Ghilli e Susi De Bortoli,
due ragazzi che vengono dalla provincia di Imperia, anche se
l'accento toscano del primo svela subito la sua provenienza. Il
bello di questo viaggio, e i chilometri che faremo lo riveleranno in
pieno, è la complicità che subito ci lega tutti. C'è chi chiacchiera,
chi sta zitto, chi allunga e chi si attarda. Ma al rendez-vous ci
raduniamo e la prima cosa che facciamo è scambiare impressioni, pareri e pensare già al futuro. È la vita. Nessun
muro.
Piano piano, vi presento tutti: tranquilli!
|
Uscita in gruppo da Fes |
Poco dopo aver lasciato Fes, avremmo dovuto percorrere la R503 in
direzione di
Sefrou (
صفرو), piccola cittadina nota per aver ospitato a lungo una una comunità mista di musulmani ed
ebrei che hanno convissuto senza “equivoci”, nota oggi per una
pittoresca sagra delle ciliegie, che si perpetua dal 1920 e che è
stata inserita dall'Unesco nel patrimonio rappresentativo culturale
dell'umanità. Invece, imbocchiamo la N8 e
puntiamo verso la graziosa
Ifrane, iniziando così la nostra salita al Medio Atlante, e che raggiungiamo
dopo una settantina di chilometri.
Confesso che non siamo preparati a questo spettacolo: curva dopo
curva, per arrivare ai 1.650 metri della quota che ospita la città,
è come trovarsi teletrasportati nella nostra Europa, con cartelli
che indicano piste da sci e architetture dai tetti spioventi che
richiamano più un villaggio pirenaico che una cittadina
dell'entroterra magrebino.
Rispetto alla piana di Fes, la differenza di temperatura è notevole
e si capisce perché i francesi che vivevano in questo loro
territorio d'Oltremare (divenuto indipendente nel 1956) vi si
recassero per cercare un po' di sollievo dalla torrida estate
marocchina o per abbozzare qualche curva con gli sci in inverno. Ci
sono ancora oggi alcuni impianti di risalita e nel bar centrale, il Café Restaurant La Paix, c'è
perfino ciò che resta di un noleggio sci decisamente vintage.
Ci impressionano anche le bellissime foreste di cedri, la rigogliosità dei fiori e l'incredibile pulizia: non per
niente, la chiamano Svizzera Marocchina...
|
Ifrane, in uno scatto di Tariq Ouhti (per il © vedi il link) |
|
Vintage skis nel Café Restaurant La Paix, di Ifrane |
|
Precisione, cura e pulizia nella Svizzera Marocchina... (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
Chi vuole sciare, deve farsi un'altra manciata di chilometri della N8 e
arrivare a
Mischlifen, dove un arcaico skilift arranca sulla parete
di un vulcano spento da cui partono un paio di piste. La pendenza non sembra male per un
allenamento di slalom speciale.
Dicono che qui si riesca a sciare da gennaio a marzo, ma la
sensazione è che dovremmo tornare indietro alla piccola era
glaciale, quella che si è conclusa nella metà del XIX secolo, per
prenotare una settimana bianca africana: e non fatevi ingannare dall'accento lievemente germanico con cui potreste intendere la toponomastica di questi luoghi: Mischlifen è Marocco allo stato puro...
|
Verso Mischlifen troviamo la sede dello Sci Club Ifrane: qui si pratica il fondo... |
|
Sulla N8 verso Mischlifen |
|
Il gruppo si sgrana e Schützy ci fotografa... |
|
Schützty verso Mischlifen: le piste da sci in Africa!!!
|
|
Il Medio Atlante si disvela agli occhi dei bikers... |
Poco prima di arrivare ad
Azrou (
أزرو), città berbera il cui nome marocchino significa
“roccia”, teniamo le ruote sulla N13 verso Errachidia, ma prima di
scendere un po' di quota – resteremo sempre oltre i mille metri –
abbiamo il tempo di ammirare alcuni imponenti cedri, che al cospetto
di Molinari sembrano ancora più alti. A proposito: sembra che
qualcuno sia venuto a conoscenza di interventi di ribassamento della
moto dello Schützy, il quale – oltre ad aver personalizzato la
moto con i colori del Tirolo – pare abbia acquistato anche alcuni
stivali coi tacchi. Sarà vero? Impossibile dirlo con certezza, anche
se poi, più avanti, la teoria troverà alcune conferme quando,
rimasto in bilico in una salitella, il Paolo ha sfasciato il carrello
del Ciocio, rifiutando poi ogni addebito e, quindi, negando
l'evidenza.
|
Cedro gigante e Schützy nano |
La strada verso
Errachidia (
الراشيدية) si mantiene sui 1.200 metri e costeggia, ad un tratto, il lago
artificiale di Al-Hassan Addakhil, le cui acque turchesi si stagliano
in mezzo ad un deserto roccioso color ocra. Qui c'era uno dei fortini
più famosi della Legione Straniera. Senza lasciare la N13
proseguiamo verso
Erfoud (
أرفود),
percorrendo la
valle dello Ziz. Siamo a una manciata di chilometri dal confine con l'Algeria e la presenza dei militari di guardia a quella linea tracciata nel deserto lo conferma.
Chi ha visitato gli States o i
deserti australiani – penso alla Monument Valley o al Kalbarri
National Park – troverà fortissime somiglianze con il lavoro
dell'acqua sulla roccia. Quello che rende unico questo paesaggio, è
però il palmeto di Tafilalet, ultimo avamposto vegetale prima delle
sabbie di Taouz. L'ingresso a Erfoud è unico: la porta monumentale
sancisce proprio il passaggio alla sabbia di Merzouga.
|
Limiti di sagoma? Ahahahahahahahah!!! |
|
La Valle dello Ziz |
|
Sì, siamo nel deserto... |
|
Oasi e cittadelle fortificate |
|
La porta monumentale di Erfoud: purtroppo, in posa, c'è sempre e solo lui. |
L'approccio all'Erg è memorabile, nonostante i 500 chilometri
percorsi da Fes. L'ultimo pezzo di asfalto che facciamo, il riverbero
del sole che ormai sta per sparire all'orizzonte del Sahara, i
dromedari che passeggiano tranquilli in fila indiana, fanno da
contorno al nostro arrivo, come al solito ultimi. Parcheggio davanti al
KasbahHotel Tombouctou - Erg Chebbi, sfumacchio una
paglia veloce, tracanno una birra ghiacciata seduto davanti alla piscina con il Ciocio e poi, tutti insieme, ci facciamo una cena
luculliana. Stupidamente, io e Angela non partecipiamo al rito della moka e alla
passeggiata notturna sulle dune. Jet-lag? Mal d'Africa? O
semplicemente stanchezza? Non sappiamo. Siamo crollati in branda, esausti... Le foto che il Tab ed Elena
ci mostrano, l'indomani, ci fanno capire che anche nel
deserto, lontanissimi dall'acqua, è possibile prendere un granchio.
Mannaggia.
|
L'Erg (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
|
Dromedari in love. (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
|
Dromedari in love (2). © Elena Biondi & Luigi Tabellini |
|
Mentre noi "ronf", loro drink. Tasting italian black coffe. (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
25 aprile 2016, lunedì. Merzouga: Dai, facciamo qualche presentazione. Intanto, Luigi Tabellini, per
tutti il “Tab”, e la sua compagna/moglie/fidanzata/ragazza. Non
ricordo lo stato civile che li accomuna: sono sicuramente una coppia,
bolognesissima, che ha – in questa comitiva, della quale noi siamo
novizi – un compito particolare. Il Tab, oltre che fotografare e
guidare, smanetta le mappe Garmin, nel senso che crea dei files coi
percorsi e con gli indirizzi precisi. Così, in ossequio alle poche
regole che il Ciocio ci chiede di rispettare, tutti sono liberi di girovagare, ma
sanno dove andare. Ha telecamere ovunque, anche sul pisello e si dice in giro che abbia addirittura miniaturizzato una GoPro per seguire il percorso del cibo. Elena, invece, sta sempre con la macchina
fotografica in mano, e siccome ha due mani (come tutti i primati) e
un'ottima capacità, scatta immagini da ferma, in movimento, in
equilibrio e in bilico. Insomma: avete presente quei pazzi che fanno
le foto al Giro d'Italia? Ecco. E dopo tanto penare, sono riuscito ad avere un'immagine di loro insieme...
|
Elena Biondi e Luigi Tabellini |
Poi voglio presentarvi due dei miei idoli: Enrico, medico e console di un paese lontano,
e sua moglie Abi. Non vi dico il dottore: parla quattro o
cinque lingue, forse sei, è un degustatore di sigari, snocciola
competenza di vini e brandy superinvecchiati, termina ogni giornata con
massaggi e spa, s'intende di astronomia e racconta storie di vita
vissuta che un essere umano normale non potrà mai vivere. Ci sono
due cose che mi fanno impazzire di lui: la prima, è che riesce a
visitare le sue pazienti (capite???) anche in mezzo
al deserto, proprio come quel dottor Raniero impersonato da Carlo
Verdone. Tu percorri una pista, dietro alla sua Guzzi Stelvio, e
improvvisamente lo vedi che si ferma. Si sfila il casco, estrae un
Motorola Razor GSM dalla tasca, e risponde. “
Sì, signora, sono
io, mi dica. No, non mi disturba affatto! Sono nel deserto del
Marocco, ma ho linea. Dica, è arrossata? Va bene, non si preoccupi.
Mi prende un antisettico antiflogistico
vaginale e un antimicotico. Poi mi dice se ha
perdite ed eventualmente mi richiama. Se c'è bisogno, prendo un
aereo e arrivo...”
Così, capite? La seconda, è che
guida una Guzzi Stelvio.
Abi lo segue ovunque. Si
spancia dalle risate, quando faccio notare che ne ha vista più lui in un giorno che io in tutta la mia vita, e prepara la moto come
un perfetto maschio motociclista. Si amano alla follia e le immagini
lo dimostrano...
|
Enrico e Abi, sulle sabbie dell'Erg. Inutile dirvi che:" © Elena Biondi & Luigi Tabellini" |
|
Questa era troppo bella... Non potevo non metterla! (© Elena Biondi & Luigi Tabellini) |
Vi presento anche Remigio Saglietti e Anna Brunetto. I due cavalcano una bella GS ADV e anche se il primo dice che odia i tornanti, segue il gruppo ovunque vada. Pare che dietro la politica economica del governo, ci siano proprio loro. Ricordate il "governo ombra"? Loro ne fanno parte e io qui ve lo rivelo: lavorano nel campo bancario, ma in realtà sono quelli che tirano le fila! Grandi!
|
Ladies and Gentlemen, Anna and Remigio! |
Non appesantisco troppo, dai. Per ora mi fermo qui. La prossima tappa ci porta da Merzouga a Boumalnes du Dades. Vi racconto di altri "perfetti sconosciuti", di chilometri e dell'infinita gioia di quest'inaspettata Africa.
© Lorenzo Borselli. Tutti i diritti riservati.
Rileggere del nostro viaggio mi fa rivivere quei momenti bellissimi e gioiosi passati insieme. Non vedo l'ora di ripetere. Grazie, sono onorato di aver contribuito con i miei scatti al tuo diario. Un lampeggio, Tab
RispondiEliminabellissimo rileggere questi momenti!!! grande GAS!!
RispondiEliminabellissimo rileggere questi momenti!!! grande GAS!!
RispondiEliminaGRAZZZZZZZZ
Elimina