"Mi considererei il più fortunato dei
mortali se riuscissi a guarire gli uomini dai loro pregiudizi.
Pregiudizio io chiamo non già il fatto di ignorare certe cose, ma di
ignorare se stessi."
- Charles-Louis de Secondat barone de La Brède et de Montesquieu -
- Charles-Louis de Secondat barone de La Brède et de Montesquieu -
Višegrad, Bosnia ed Herzegovina, sabato 20 settembre 2014 |
Si, il pregiudizio è stato una costante. Da mesi, anzi da anni, meditavo di partire verso l'Est che conosciamo solo per il praeiudicium di cui ci facciamo investire quando parliamo di gente slava. Il Rom, il romeno, l'albanese, il serbo, il kosovaro, il macedone.
Gente strana, che arriva povera per farci fessi e che poi s'arricchisce alla faccia nostra, che arriva in mutande e con la valigia di cartone e poi, per incanto, se ne va in giro con macchinone agghindate e vetri scurissimi. Poi c'è il mio lavoro, che non aiuta da solo se non hai i coraggio di guardare negli occhi chi hai davanti e cerchi di capire perché.
Il perché è oltre la sbarra di confini non troppo lontani nello spazio ed eppure già dispersi in un tempo che noi dell'occidente così vicino a quegli spari, il cui crepitio echeggia ancora nei Balcani, abbiamo scelto di ignorare o, nella peggiore delle ipotesi, di dimenticare.
Così, mentre pensavo che sarebbe stato bello andare in Transilvania a scattarmi qualche foto ricordo all'ombra dell'antro di Dracula, a scolarmi qualche ракија (si pronuncia "rakia" ma si traduce "grappa") dopo una bella cena di carne sulla griglia, è arrivato Oscar che la butta lì: andiamo a fare la Transfăgărășan?
Ne avevo sentito parlare: si dice in giro che sia una delle dieci strade più belle del mondo e dopo aver più volte pensato ad un lungo viaggio attorno al Mar Nero e ad averci dovuto rinunciare un po' per i quattrini e, soprattutto, per la guerra in Ucraina e la situazione sempre esplosiva dell'Ossezia, l'idea di un'impresa mi ha subito attratto. Ne ho parlato con Angela ed ecco che il progetto ha preso forma: una settimana, forse otto giorni, e siamo di nuovo qua.
Così, sabato 13 settembre, partiamo. Oddio, non tutti: Oscar e Ariela sono pronti subito, ma Angela ci raggiungerà a Craiova, in Romania, più avanti.
Sasso Marconi, 13 settembre 2014 |
Ho letto tutto della Transfăgărășan, la DN7C, prima di partire: che è stata costruita tra il 1970 e il 1974 per volere di Nicolae Ceaușescu, dittatore della Romania dal 1967 al 1989, anno in cui fu giustiziato al termine della rivoluzione con cui fu deposto; che lo scopo per il quale fu costruita era militare, in risposta all'invasione sovietica della Cecoslovacchia, segno che dietro le quinte il Patto di Varsavia traballava già allora; che passa sopra i monti Făgărăș, i Carpazi Meridionali, in Transilvania, e che supera di poco i 2000 metri di altitudine (2042 m); che sono morti in 40, per scavarne le sinuose curve sulla roccia dura della montagna e che percorrerla è una sorta di orgasmo lungo decine di chilometri, dopo sofferti preliminari di giorni, passati a scansare le buche dell'incerto asfalto, prima serbo e poi romeno, e il fango di un inatteso uragano che ci ha costretto a più di 1.500 chilometri di deviazioni. Molti dicono che sia anche più bella dello Stelvio e della Trollstigen ma, ve lo dico subito, a me non è sembrata così: è semplicemente bellissima. Arrivare ai 2042 metri del passo, è servito certamente a scoprire un paese che non conoscevo e di cui, lo confesso, avevo anche un po' di timore, ma è servito anche a scoprire la Transalpina, un'opera d'arte d'asfalto tra i boschi lussureggianti delle pendici, laghi turchesi e le alte praterie dei monti, sferzate dal vento gelido e dalla neve che la blocca da ottobre a giugno. Soprattutto, è servito a ricordarci che in Romania, lontana da noi 19 euro di WizzAir o una decina di ore di autobus, c'è un popolo che ha guadagnato da poco più di venticinque anni la sua libertà e mentre noi cerchiamo la Transfăgărășan, milioni di persone cercano la loro strada, anche da noi, spesso disonestamente ma altrettanto spesso sudandosi ogni cent. Poi, andando avanti nel viaggio, abbiamo constatato che quegli spari di cui sentivamo il rumore nelle dirette dall'Holiday Inn di Sarajevo, sono andati a segno e che quei corpi a terra avevano allora un nome e un cognome che non possiamo dimenticare anche se li ignoriamo; che il ponte di Mostar non è solo una trappola per turisti, ma un simbolo; che c'è ancora così tanto odio, soprattutto da parte di alcuni, che l'idea di una pace duratura non è ancora condivisa e il poter camminare con una targa bosniaca in territorio serbo o croato, o viceversa, sembra solo il frutto di una tregua temporanea; che a rileggere quei giorni negli occhi dei bambini di allora e di qualche scritto sperduto su Internet, quella guerra fu anche colpa nostra, incapaci di "non provocarla", incapaci di non condizionarla e soprattutto incapaci di fermarla.
Per fortuna della memoria, non tutto è stato ricostruito e se il ponte di Mostar è tornato a unire le due rive del Narenta come se niente fosse mai successo, creando l'attrazione dalla ricostruzione di una distruzione, un palazzo nei pressi dei negozi di souvenir, sulla linea del Bulevar, ci ricorda quei lunghi anni di sangue e di follia.
Monumento alla follia, reduce vivente della tragedia di Mostar |
Ora comincio a rimettere insieme itinerari e foto e speriamo che il viaggio piaccia anche a voi come è piaciuto a me.
S'ciao.
Lorenzo Borselli © tutti i diritti
riservati
:-)))))))
RispondiEliminaooooooooohhh... sei ripartito finalmente!!!
RispondiEliminaAspettiamo il resto del tuo racconto con trepidazione
RispondiEliminaSuper... Attendo di veder le foto sul blog.. Tutto ok? È una vita che non ti sento....
RispondiEliminaGrande Gas, sempre un piacere leggerti e sentirti!!
RispondiEliminaA presto!
Pino
anch'io attendo con trepidazione di leggere il tuo racconto ed ammirare le foto dei luoghi di questa tua Transfăgărășan e Transalpina 2014: incipit
RispondiEliminaLore, dopo le prme righe...... "Gente strana, che arriva povera per farci fessi e che poi s'arricchisce alla faccia nostra, che arriva in mutande e con la valigia di cartone e poi, per incanto, se ne va in giro con macchinone agghindate e vetri scurissimi. Poi c'è il mio lavoro, che non aiuta da solo se non hai i coraggio di guardare negli occhi chi hai davanti e cerchi di capire perché.
RispondiEliminaIl perché è oltre la sbarra di confini non troppo lontani nello spazio ed eppure già dispersi in un tempo che noi dell'occidente così vicino a quegli spari, il cui crepitio echeggia ancora nei Balcani, abbiamo scelto di ignorare o, nella peggiore delle ipotesi, di dimenticare."....ho capito che eri in gran forma....bentornato e "felice di rileggerti", Carlo da Duckenburg
Grazie Carlo. Spero che non ti perda il seguito... Abbiamo fatto anche qualche bella foto...
EliminaLorenzo,
RispondiEliminaquel palazzo di Mostar, l'ho visto quando sono stato a Medjugorje tre anni fa, peccato che la guerra ha fatto tanti morti e ha distrutto il paese, sono stato anche a Drubovinik, una città molto bella con un porto fantastico.
Fai bene a girare e goderti la vita, perché, se non lo fai adesso quando avrai dei figli farai molto fatica a trovare il tempo per questi viaggi.
Un caro saluto e un abbraccio
Franco
Mi piace come ti passano le emozioni dagli occhi al cuore per finire alla "penna" !!
RispondiEliminaDavide
Grazie. Sono contento che ti piaccia. Però stammi lontano eh! Che non ti venga voglia di farmi venire i lacrimoni...
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