“In faccia allo stranier che armato accampasi su’l nostro suol cantate Italia Italia Italia…”
- Giosuè Carducci -
Bled, il suo lago, la sua isola e il suo castello. Sullo sfondo, il Troglav. |
L’idea di riportare le gomme in
suolo straniero eccita valvole e valvoline, rinfocola il sangue e riempie il
cuore. La meta è tutto sommato vicina: Slovenia. I giorni sono pochi, i talleri
scarseggiano e il tempo non preannuncia niente di buono anche se ogni minuto
che passa, la consultazione dell’I-Meteo sul fido aifòn alimenta coraggio e motivazione.
La prima meta è l’ultimo
avamposto italiano d’Istria: Muggia.
Dormiamo all’hotel La Bussola, un
piccolo albergo pulito e accogliente, perfettamente incastonato in quella realtà di cui parlavo prima: da un lato il mare, placido e
silenzioso, dall’altro la rumorosa Riva De Amicis, che all'albergo si chiama ancora via Alessandro Manzoni e che più avanti, quando
diventa SP14, porta direttamente al confine sloveno. Eppure si dorme benissimo e l'unico rumore che sento è la sirena dal porto di Trieste e quello di una barca.
Luca, biker locale, e Livia ci accolgono e
ci istruiscono. Luca ci spiega dove parcheggiare la mukka al sicuro dalle incursioni
dei pirati e ci prepara l’itinerario del giorno dopo, quando le visiere
punteranno verso il Triglav, mentre Livia ci spiega dove nutrirci...
Evitare l’autostrada significa
percorrere in tutta la sua lunghezza l’alta valle del Vipava, dove vigna e vino
la fanno da padroni e dove dagli alti contrafforti si lanciano in continuazione
deltaplani e parapendii e dove da ogni campetto libero dalle coltivazioni decollano
aerei che trainano alianti: solo alle porte di Nova Gorica il cielo si sgombra
dalle vele e si fa più stretto da terra mentre si entra nella valle del Soča,
risalendola verso Solkan, dove la gente parla sloveno ma mangia friulano e dove
resiste il ponte ferroviario ad arcata unica in pietra tagliata (cazzo vuol
dire, non lo so) più alto del mondo.
Tiratira, arriviamo a Kanal, un
tempo Canale d’Isonzo (Kanal ob Soči), dove il fiume ha scavato davvero tanto e dove la voglia
di tuffarvisi dentro dalla terrazza del bar Raffaello è veramente forte.
Gelatino, pipì e via.
Italo Calvino, nel 1958 scriveva:
«Nella limpida corrente, ora scendon carpe e trote, non più i corpi dei soldati
che la fanno insanguinar»
Basta scendere di un paio di metri, dalla carreggiata della strada 103 (la Usnik-Plave), che i rumori dei motori spariscono, coperti da quelli delle acque così trasparenti e turchesi da creare imbarazzo. Puoi guardare negli occhi una trota marmorata a lungo, fino a quando non ti stanchi, perché lei se ne resta lì, quasi immobile.
E poi salire, verso il passo del Vršič,
altrimenti (italianamente) detto passo del Moistrocco, 1.611 metri sul livello del mare. L’inizio ricorda un po’
la salita verso il Rombo: nonostante il sabato pomeriggio non c’è praticamente
nessuno, a parte quattro harleysti diretti a Villach per il radunone dei cromati.
Ho sempre pensato, da quando porto le mukke al paskolo sugli alpeggi, che i passi debbano essere sempre fatti una volta in un verso e una volta nell’altro. Poi, a forza di girare, ho perso la passione per la coerenza dei riti. Trovarmi così, all’improvviso, su un valico delle Alpi Giulie che avevo già fatto una volta, mi ha fatto sentire uomo di mondo, come da tanto tempo non mi riusciva; credo un aperitivo delle sensazioni provate da Roberto Fulton Jr. nel suo One Man Caravan, un incredibile viaggio in solitaria attorno al mondo sulla sua Douglas.
Il Moistrocco porta dall’alta valle
dell’Isonzo, la Val Trenta, all'alta valle della Sava, linea di confine tra Italia
e Slovenia tra il 1921 al 1947, da cui si scende, nella nostra direzione di
marcia, a Kranjska Gora, terra di caccia del mitico Jure Košir, che ho visto
allenarsi sul mio Cupolino.
Prendiamo alloggio al Čarman Guest House, fronte lago.
E' un posto carinissimo, gestito con amore da gente che parla correntemente
l'inglese, mastica italiano, tedesco, francese, che serve una colazione
continentale e che sorride. Bello lavorare così, mi piace.
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Muggia è un luogo ameno, dove si
respira aria di repubblica marinara, dove l’uomo convive senza spiagge con un
mare limpido che s’infrange su scogli e banchine, dove la poesia
del vecchio borgo s’infrange con tutta la forza della contraddizione sulle oscenità
di residuati industriali, dove il verde delle colline cozza con i depositi di
carburante. Ancora: dove i pescherecci e i gozzi in legno si allineano in
uscita dal golfo di Trieste con le petroliere e dove, in linea con i tormenti
balcanici, le amputazioni del Territorio Libero di Trieste hanno profondamente
segnato le vite della popolazione locale, alle prese fin dall’epoca romana con
i capricci della politica e delle spartizioni, tra esili ed esodi, ritorni ed epurazioni. L’ultima risale al 1954, quando a
Londra venne deciso che la Zona “B” del Territorio libero di Trieste dovesse
andare alla Jugoslavia. A Muggia più di tremila persone cambiarono
improvvisamente patria, pur non essendo mai stati prima ricompresi in tale
ipotesi.
La guerra ha sempre un prezzo e l’Istria
lo sa bene.
Muggia, il Mandracchio |
l'Hotel La Bussola, Murgia |
La cena, invece, la gustiamo alla
trattoria La Risorta, affacciata sul Mandracchio, la darsena che porta le
barche fin dentro l’abitato: frittura croccante e pesce spada in crosta. Voto:
8+
Dopo la colazione sul
Mandracchio, il sabato mattina ci proietta verso Koper, Capodistria. Con tutto
il rispetto per la storia, a camminare sulle strade pulite della città viene un
tonfo al cuore. Lo so, lo so. Ce la siamo cercata e ce l’hanno fatta pagare:
però se l’Italia è un paese finalmente unito, lo si deve anche ai patrioti istriani.
Uno tra tutti: Nazario Sauro, impiccato dagli austriaci a Pola nel 1916.
Se fosse vera la storia del
rigirarsi nella fossa, Nazario sarebbe un trapano.
Koper, meglio chiamarla così, è
bellissima. Il porto, il centro storico, le viuzze e la gente.
Al mercato
centrale ci sono splendide vecchie che vendono uve minuscole ma dolcissime,
fichi e pomodori striminziti ma dai sapori fortissimi e naturali. Com’è che si
dice oggi? Bio!
Così buoni, che quando vedi
fruttoni coloratissimi sui banchi normali,
ti viene di snobbarli.
La moto, piena con 40 euro
scarsi, usa solo la viabilità ordinaria: l’autostrada la lasciamo al turista
medio, quello che coi gommoni al traino, coi camper spaziali e con i suv
stracarichi porta e riporta la famiglia verso casa o dalle vacanze.
Difficile è, senza GPS, ritrovare
la strada per Kozina, nonostante la mappa stampata da Luca, ma alla fine, grazie
alle indicazioni dateci da una samaritana che ci aveva visto armeggiare alle
cartine (sono anni che nessuno le usa più, credo), e a un guizzo intelligente
dell’Angela che riavvia l’aifòn dopo il roaming sloveno, sfioriamo Basovizza e
arriviamo nel piccolo villaggio della Cicceria, dove tutto diventa più semplice
perché all’estero le strade hanno un numero anche sui cartelli e non, come in
Italia, solo sulle mappe.
Eccheccazzo.
Vigneti nell'alta valle del Vipava |
Made in Italy, s’intende.
Il ponte di Solkan (foto Wikipedia) |
Risalendo la catena del Colovrat
arriviamo a Kobrid, ma solo per questione di tempo materiale a disposizione. A Caporetto,
così lo si chiamava una volta, riposano i resti dei 7.014 soldati italiani che
morirono nella tremenda controffensiva austroungarica e tedesca del 1917. Dopo il
cambio di Luigi Cadorna al comando, che aveva accusato i suoi soldati di viltà –
ma settemila uomini morirono per la sua inconcludenza – Caporetto venne “vendicata”
dalla linea decisa da Armando Diaz, che fece riorganizzare le truppe sul Piave.
Impossibile pensare che un
paradiso come questo abbia potuto fare da scenario a una delle guerre più
sanguinose che l’Europa abbia conosciuto: le acque azzurre dell’Isonzo.
Le magiche rive del Soča. |
Da “Dove vola l’avvoltoio” a “La
Guerra di Piero”, scritta da Fabrizio De
André nel 1964: «Lungo le sponde del mio torrente, voglio che scendano i lucci
argentati, non più i cadaveri dei soldati, portati in braccio dalla corrente».
Basta scendere di un paio di metri, dalla carreggiata della strada 103 (la Usnik-Plave), che i rumori dei motori spariscono, coperti da quelli delle acque così trasparenti e turchesi da creare imbarazzo. Puoi guardare negli occhi una trota marmorata a lungo, fino a quando non ti stanchi, perché lei se ne resta lì, quasi immobile.
La trota marmorata, immobile. Viva. |
Ho sempre pensato, da quando porto le mukke al paskolo sugli alpeggi, che i passi debbano essere sempre fatti una volta in un verso e una volta nell’altro. Poi, a forza di girare, ho perso la passione per la coerenza dei riti. Trovarmi così, all’improvviso, su un valico delle Alpi Giulie che avevo già fatto una volta, mi ha fatto sentire uomo di mondo, come da tanto tempo non mi riusciva; credo un aperitivo delle sensazioni provate da Roberto Fulton Jr. nel suo One Man Caravan, un incredibile viaggio in solitaria attorno al mondo sulla sua Douglas.
Il Triglav |
Una volta che scii sulla
Podkoren, però, tutto cambia e allora capisci che se Jure era venuto ad
allenarsi al Corno alle Scale assieme a Tomba, lo aveva fatto per amicizia. O per scippare
alla Bomba qualche trucco tecnico.
La cittadina non è un granché, ma
qui puoi finalmente guardare il lago senza curarti di quello che c’è dietro. Alberghi,
casinò, negozietti. Ecchissenefrega: l’importante è quello specchio d’acqua
pulitissima, dove le barche, le Pletne, sono solo a remi, e l’isoletta di San Martino, l’unica
della Slovenia (!!!) che spunta fuori dall’acqua come se qualcuno le avesse
scavato un fossato attorno e solo dopo lo avesse riempito sciogliendoci la
neve.
Dopo la seconda Guerra, i gerarchi
comunisti di Tito venivano da queste parti a trascorrere la ricreazione ma oggi
Bled è davvero un luogo di tutti.
Peccato per quella campana che
ogni turista che si rispetti agogna suonare con l’auspicio di non aver atteso
invano i lunghi minuti a bordo delle silenziose Pletna nel viaggio tra la riva
e l’isoletta da fiaba.
Il Čarman Guest House |
Domani è un altro giorno e allora, non c'è niente di meglio
di una bella bistecca di maiale ai ferri, una montagna di patatine e un paio di
birre Union.
Notte gente. Ci vediamo domani. O, come dicono qua, lahko
noč, fantje. Se vidimo jutri.
Copyright © Lorenzo Borselli tutti i diritti riservati
Andresti un po' più a est per cortesia? Ho saputo che hanno messo in produzione l'AK-12 ..... ;-)
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