"Quocunque jeceris, stabit..."
[ovunque lo getterai, starà sempre in piedi]
Il Maroccone. Mare Forza Sette. |
L'Aurelia ha il fondo scivoloso. Non dappertutto, ma quando esci da Livorno e punti verso il sud, si. E' l'effetto salmastro del mare: se non scivola la ruota dietro, lo fa quella davanti e la guida deve restare attenta, verticale. Il contrario della piega, no? Eppure, in questa specie di litorale australiano, oceanico, a due passi da casa (quale?), è meglio se non pieghi, perché solo così riesci a stare sopra la linea delle spallette, a non cadere ed a vedere il mare grossissimo, forza sette.
Se potessi ricominciare tutto daccapo, potrei anche ricominciare da qui. Da queste rocce si prende lo slancio ideale. Un po' pericoloso, ma attraente, come lo è sempre la natura quando si mostra così, incazzosa.
La moto si cosparge di aloni, ma a lei non importa e probabilmente le fa anche bene, come a me. Il salmastro si infila nel naso e mi allarga la mucosa, mentre il fragore delle onde e del vento riportano la quiete nell'orecchio che suona sempre a vuoto, come la conchiglia che lo zio Beppe teneva sul mobile nel salotto buono. Era impolverata, era vecchissima, ma da un'anno all'altro, se l'accostavi all'orecchio, faceva sempre il solito rumore di mare.
Dove stavano le pile, non l'ho mai capito.
Ho letto da qualche parte che Joey Dunlop, nel 1985, naufragò con un piccolo yacht davanti al porto di Douglas, nell'Isola di Man. Lui si salvò per un pelo, ma la barca e le due moto che c'erano sopra andarono a picco.
Qualche giorno dopo si immerse e le tirò su. Le lavò per bene, le lubrificò, sostituì qualche gommino e si presentò al via del TT, ovviamente vincendolo.
Qualche giorno dopo si immerse e le tirò su. Le lavò per bene, le lubrificò, sostituì qualche gommino e si presentò al via del TT, ovviamente vincendolo.
Dicevo dello slancio. Se accosti la moto vicino al muretto, prima del Sassoscritto, c'è tutto lo slancio di cui hai bisogno. Ti ci siedi, sul muretto, e chiudi gli occhi.
La prima volta che l'ho fatto, era caldissimo. Forse ferragosto, pomeriggio sul tardi. La maglietta appiccicata all'ascella, tatuata sulla pelle mia da quella del giubbotto. Il casco sudato, i guanti sudati.
La prima volta che l'ho fatto, era caldissimo. Forse ferragosto, pomeriggio sul tardi. La maglietta appiccicata all'ascella, tatuata sulla pelle mia da quella del giubbotto. Il casco sudato, i guanti sudati.
Il mare era un olio, ma da come si muoveva si poteva capire che quando s'incazza...
Ieri sera invece no.
Il casco è asciuttissimo, i guanti sono quasi freddi e la maglietta sta al suo posto e sventola fin troppo.
Il mare è forza sette, dicono.
Mi ricorda l’Atlantic Road.
Il profumo del salmastro è lo stesso e anche la forza del vento. Mi riportano a un viaggio lontano nel tempo e nello spazio e anche lassù provai il fremito e la vertigine prima di un salto. Anche lassù le folate erano spaventose e anche lassù il fragore delle onde si alternava a quello del vento e al tintinnio fastidioso delle corde di metallo sulle aste portabandiera.
Fastidioso come il clacson della Lancia Aurelia di Vittorio Gassman, che più o meno nel 1962 strombazzava ai primi peones del vaipiano proprio su queste scogliere, proprio sui questa strada.
Probabilmente fastidioso, per la Natura, come il rumore della mia marmitta al riavvio salnitrico.
Ma sì, ma sì, meglio spegnerla.
È tardissimo, ma la cucina è ancora aperta e come fanno il cacciucco qui…
Mi ricorda l’Atlantic Road.
Il profumo del salmastro è lo stesso e anche la forza del vento. Mi riportano a un viaggio lontano nel tempo e nello spazio e anche lassù provai il fremito e la vertigine prima di un salto. Anche lassù le folate erano spaventose e anche lassù il fragore delle onde si alternava a quello del vento e al tintinnio fastidioso delle corde di metallo sulle aste portabandiera.
Fastidioso come il clacson della Lancia Aurelia di Vittorio Gassman, che più o meno nel 1962 strombazzava ai primi peones del vaipiano proprio su queste scogliere, proprio sui questa strada.
Probabilmente fastidioso, per la Natura, come il rumore della mia marmitta al riavvio salnitrico.
Ma sì, ma sì, meglio spegnerla.
È tardissimo, ma la cucina è ancora aperta e come fanno il cacciucco qui…
Atlantic Road
Tirrenian Road: what differences?
Copyright © Lorenzo Borselli tutti i diritti riservati
hai un pò rallentato, ma scrivi sempre bene. continua così.
RispondiEliminaah! che bello rileggerti.
RispondiEliminaAh ! Che bello rileggerti :-)
RispondiEliminaIl mare può essere molto pericoloso. Devi avere pazienza, lo devi osservare e capire.
RispondiEliminaE devi farlo stando a riva ancorato ad un attracco sicuro. Altrimenti rischia di travolgerti, il mare.
Anche in maniera fatale. Ti attira pericolosamente, fino a risucchiarti per poi divorarti nell'oblio dell'abisso più profondo.
Bisogna conoscerlo bene, il mare. Non lo si può sfidare.
Bisogna rispettarlo, il mare. Non lo si può domare.
Bisogna viverlo, il mare. Solo così riuscirai ad amarlo.
Forse. Ma io preferisco la montagna... E comunque, il mare, è tutta neve sciolta...
RispondiEliminaAllora...
RispondiEliminaNon ci sono differenze che la tua scrittura non sappia colmare. E' così bello viaggiare con te nella fantasia, e in un attimo l'Aurelia è diventata l'Atlantic Road. Credo che tu riusciresti ad inventare persino una strada in mezzo al mare, cavalcando le onde della fantasia, pur di percorrerla in sella alla tua moto. Si. E' proprio bello viaggiare con te nei tuoi racconti...
Ho provato con la motoslitta della Pula, ma con scarso successo, devo dire... Ho paura che con la moto d'acqua andrebbe anche peggio. Io voglio il grip!
RispondiEliminaè bello rileggerti, specialmente se scrivi di moto e di "MARE"....anche se sono perduto nei tuoi pensieri in chi sa quale meandro......ti leggo volentieri..la troppa neve non ti ha dato alla testa, forse .... aspetto la prossima, ....Carlo
RispondiEliminaNon ci si perde nei pensieri, nemmeno in quelli più complicati, Carlo. Bisogna starci, essere presenti, avere il coraggio di alzare la testa e chiedere perché. Non lasciare che tutto passi, perché niente pensa da solo. Nemmeno le ferite più superficiali guariscono senza lasciare il segno... E la neve, a me, non mi ha mai dato alla testa. Sono le altre cose, quelle che ci inventiamo noi, che lo fanno. Ti aspetto.
RispondiEliminaTu mi hai salvata.
RispondiEliminaNon ti daranno una medaglia ma è andata proprio così.
Ti ho scritto mail.
Ciao
Tu mi hai salvata.
RispondiEliminaNon ti daranno una medaglia ma è andata proprio così.
Ti ho scritto mail.
Ciao