Valladolid (Spagna), 9 gennaio 2011 – Facciamo a capirsi. Questo non è il diario della motocicletta e noi non siamo due ragazzini in cerca di avventura. Non lo siamo, ma lo spirito della moto ti trasforma in personaggi così.
L’incontro di poche ore con Julian, a Tortosa, è frutto di un’amicizia nata per caso, tra i tavoli di un bar di Valencia, dopo un gran premio.
Sono stato accolto come un fratello, un hermano, e questo lo devo non solo alla concatenazione degli eventi, ma perché mi muovo in moto, perché ci viaggio, ci vivo alcuni dei momenti più belli.
La partenza da Tortosa avviene a mezzogiorno del 6. C’è una strana nebbiolina che rende la strada insidiosa. Ma la regola, in queste giornate, è quella di non correre. Si va piano, perché si deve arrivare. Nessuna impresa eroica ci attende, ma è la socialità di una delle concentrazioni motere più grandi di sempre che rappresenta la nostra priorità.
I Mossos d’Esquadra, i poliziotti della comunità autonoma della Catalogna, ci guardano sfilare mentre lasciamo la regione per entrare in Aragòn lungo la strada che ci porta prima a Gandesa, poi ad Alcaniz e alla fine a Saragozza,
dove bisogna imboccare una noiosissima ma desertica autostrada che ci fa allungare il brodo ma che, avendo fretta di arrivare a Valladolid, rende tutto più semplice.
Non male come strada. Lasciamo la Catalogna per l'Aragòn |
Ci teniamo per il ritorno una bella panoramica da affrontare con maggior cura e senza apprensioni. Attraversiamo la Navarra, i Paesi Baschi, un pezzo di Cantabria e, infine, la Castilla y Leon, dove sorge Valladolid.
Passiamo anche dal Meridiano Zero, quello "Fondamentale" di Greenwich. Non so perché certe linee convenzionali siano così importanti per i pellegrini. Dalle mie parti abbiamo il 44° parallelo, ma non mi ci sono mai fermato.
Qui invece c'è una specie di monolite piantato in terra, come quello di 2001 Odissea nello spazio e la foto diventa obbligatoria. La spediamo via mms a Julian, che risponde affranto.
La sua operazione all'omero lo ha messo ko ma il prossimo anno sarà dei nostri...
il Meridiano Cero. In posa con la mia mukka grassa... |
I rifornimenti si susseguono, uno dopo l’altro, tra personaggi più o meno simpatici. La benzinaia in Aragòn, ad esempio, mi osserva silenziosa mentre infilo le monetine nel distributore automatico di caffè e dimentico, per due volte di fila, di mettere il bicchiere prima di dare il via.
Oskar e la Mukka in placida navigazione... |
Tanto per stare tranquillo compro anche due bei cavi. La batteria fa uno strano verso, all’avviamento, meglio stare sicuri. Oscar approfitta di ogni sosta, anche quelle di venti secondi, per accendere una sigaretta e aspirare con mucho gusto tabacco, nicotina e carta.
Mi fa un po’ schifo e infatti lo invidio.
Oppure un benzinaio di Cantabria, che ci vende quattro sandwich ghiacci di frigo. Anzi no: diacci marmati!
Io ne mangio tre, che mi allappano la bocca dello stomaco come una Bigbabol raccattata da terra, mentre Oskar ne mastica uno solo. Poi beve una cocacola e poi trattiene una salva ruttata fino a quando non esce. Si libera e poi fuma, fissando, insieme a me, due sorelle una più bella dell’altra.
Una è anche zoccola, ma deve essere di palato fino e ci sdegna.
Non siamo neanche tanto zozzi ma si vede che preferisce i mocassini.
Il benzinaio non solo non saluta ma, ho l’impressione, che ci mandi anche affanculo quando mettiamo la prima e ci squagliamo dai coglioni. Bah.
L’arrivo a Valladolid è preceduto da un lungo tratto in cui il vento supera i cento all’ora. Siamo sui crinali di un altopiano che mi ricorda, e parecchio, la Francia del Nord. Ma non c’è mare nelle vicinanze… stranamente è caldo e la temperatura si mantiene sempre sopra i 12 gradi.
Quando prendiamo la camera all’Hotel Trip Sofia Parquesol, abbiamo solo il tempo di fare una doccia, perché la fame è tanta.
Siccome sembra inutile discutere con il portiere (che non sa un cazzo di nulla), e siccome le mukke sono in garage al riposo, si opta per andare a piedi.
Valladolid è davvero accogliente...
Valladolid. Piove ma a noi ci garba uguale... |
Si cammina, si arriva in piazza, si infila in bar de tapas e ci si sgrana un bel po’ di delizie, tra cui due carciofini caldi agrodolce che mi hanno fatto sognare.
All’uscita piove come Cristo la manda e allora facciamo quello che la Raffa non mi farebbe mai fare.
TAXI.
Prima di andare a letto pago una connessione internet a peso d’oro per 80 euro, con la Swiss Com, e poi tentiamo la telefonata a Gigi e Alessandro.
I quali, ci sembra di capire, devono aver bevuto un po’. Ci spiegano dove hanno piantato la tenda e cercano di farci sentire in colpa per aver optato il quattro stelle…
Noi ce ne fottiamo e, una volta messi i tappi (io), ci abbandoniamo a un comodo letto in attesa che il fato si compia.
L’indomani ci aspetta il nostro primo pinguino. Il trentesimo dell’era motociclistica…
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